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Trento, 17 gennaio 2012
Sofri libero: «E’ finita la via crucis» 
La soddisfazione di Boato: «Il reportage dal Giglio dà la misura della sua statura morale» 
dal Trentino di martedì 17 gennaio 2012

«Sapevo che questi erano i giorni della liberazione. Sono andato a trovarlo in Toscana, poco prima di Natale: abbiamo parlato di mille cose, come sempre in questi anni, anche della imminente conclusione di questa sua terribile via crucis giudiziaria. E il fatto che, nel suo primo giorno di libertà, sia andato all’isola del Giglio per raccontare la tragedia della Costa Concordia, dà la misura della sua statura morale. Oltre che del suo valore giornalistico».

Adriano Sofri libero per fine pena, come da decisione del giudice di sorveglianza. E quasi si commuove, Marco Boato, nel commentare la notizia, che qualche lettore di Repubblica ieri aveva forse intuito, leggendo la pagina scritta dell’ex leader di Lotta continua: un racconto-reportage dal luogo della tragedia di venerdì notte.

Un luogo che anche Boato conosce bene: da anni infatti trascorre le vacanze al Giglio. «Ogni estate ci passo una settimana e su quegli scogli ci sono finito anch’io una volta, remando su un pattino».

Non crede, l’ex parlamentare verde, che la liberazione di Sofri solleverà polemiche, come spesso accade in casi che riguardano reati di terrorismo: «Lo escludo. Ha avuto tante occasioni per allontanarsi dall’Italia: poteva restare in Bosnia, o in Cecenia. Invece si è consegnato alla giustizia senza esitazioni. Perché, pur professandosi innocente, sentiva su di sé non solo la responsabilità personale, ma anche quella umana di un’intera generazione».

 Il 26 luglio dell’88, due giorni prima dell’arresto di Sofri per l’assassinio del commissario Luigi Calabresi, Boato telefonò all’amico. Sapendo che Sofri stava per recarsi in Norvegia, paese d’origine della compagna Randi Krokaa (scomparsa alcuni anni fa), lo chiamò per fargli in anticipo gli auguri di compleanno. Sofri ne avrebbe compiuti 46 l’1 agosto. «Poi lessi che, per giustificare l’arresto, il pm Pomarici citava proprio quella nostra telefonata, sostenendo che Adriano stava preparando una fuga. Quando invece in Norvegia, ad agosto, ci andava ogni anno...».

Un iter giudiziario infinito: condannato nei primi due gradi, appello poi cancellato dalla Cassazione, nuovo processo e assoluzione («ma con motivazioni suicide del giudice a latere, che era dissenziente»), nuovo annullamento in Cassazione, infine la condanna a 22 anni, poi definitiva. Ma precisa Boato: «Tanti processi e tante condanne, è vero, ma l’unica volta in cui la Cassazione si è espressa a sezioni unite, al massimo della propria autorevolezza, gli fu favorevole. Ed è una sentenza esemplare che anche oggi viene studiata».

 

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